Giovanni Carpentieri

Icari, Uccelli e La costruzione delle macchine volanti
Alcuni Icari, realizzarti tra il 1986 e il 1994 con tecnica mista (china, acrilico, spray, collage) , sono su cartoncino Fabriano 100cmX70 cm e 70cmX50cm, altri su tela 90cnX80cm e 80cmX60cm con colori acrilici.
Per la realizzazione di molti ICARI Giovanni Carpentieri si avvale dell’immagine del “manichino”, o parte di essa, che compare nel XVIII secolo nel volume sulla tecnica e l’artigianato della Encyclopedie di Diderot e D’Alembert ed usato dagli artisti per studiare l’anatomia. Le ali sono prese da incisioni di Durer.
Gli Icari nascono dall’incontro di tre mondi: il mito antico, l’eredità illuminista e la memoria dell’arte rinascimentale.
Il corpo è quello dell’uomo razionalizzato dall’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, il “manichino” proporzionato che l’Illuminismo volle a fondamento delle arti e dell’architettura. Le ali, invece, provengono dall’universo di Dürer, maestro capace di restituire alla natura la sua precisione e al sogno la sua potenza simbolica.
Le architetture e i labirinti che accompagnano queste figure non sono semplici fondali: sono spazi di tensione e di misura, luoghi in cui la verticalità incontra la caduta, la libertà si intreccia alla regola. Così, in queste opere, mito e razionalità, utopia e costruzione tecnica, memoria storica e ricerca contemporanea convivono, restituendo la grande metafora del volo: il sogno umano di superare i propri confini, pur sapendo che ogni volo comporta il rischio della caduta.
In alcune opere l’Icaro-meccanico è un uomo-uccello che si prepara alla sfida munendosi di incerte ali e di illusorie tecnologie. La sua donna, i suoi figli, lo osservano in atteggiamento di perplessa attesa.
L’uomo-uccello ci sembra pesante, egli stesso sembra aver dubbi sulla possibilità di volare; malgrado ciò, quasi prigioniero del suo stesso ruolo e del destino che si deve compiere, è pronto ad osare.
Il mito ci rappresenta Icaro come colui che sfida il limite imposto all’uomo dalla natura ma il suo coraggio ed il suo troppo osare non vengono premiati.
A proposito di questi Icari, Elena La Cava scrive: “Gli Dei avranno riso quando Icaro precipitava e con lui, per sempre, l’ansia di sollevarsi dalle condizioni che ci sono imposte nell’attimo del concepimento. Questo fatto, che non è accaduto, nasce con noi come un ammonimento ed esisterà con noi, per sempre. Gli artisti hanno solo l’incarico di ricordarcelo, tra le briciole dei millenni, rotolando per l’universo. ..remember.”
Da una conversazione fra Enrico Zampieri e Giovanni Carpentieri sulla sua “L’idea del volo” nell’aprile del 1978.
“Perché queste forme e come è nata questa “idea del volo”?
“Sono nate perché vorrei rappresentare un mondo, quello del volo, appunto, con tutti i miti, le forme e i simboli che gli sono propri. Il volo è il trasporto di passeggeri da una parte all’altra del mondo ma è anche il mito di Icaro, è la liberazione dal labirinto, è l’uomo che sfida le leggi naturali e sente il mistero e la magia dell’atto che sta per compiere avendo con sé gioia e timore. Il volo, poi, è anche tecnologia avanzata, studi aerodinamici, alta professionalità ed altro.
“Ricordo che avevi già fatto qualcosa di simile”:
“Una decina di anni fa avevo disegnato degli uomini-uccello, delle forme di esseri volanti, ma erano per lo più forme grafiche o collage dove venivano sintetizzati e resi essenziali i simboli, le misurazioni, le forze aerodinamiche del volo”.
Sono forme che hai sotto gli occhi da tempo; vi è in esse la tua esperienza di pilota?
“Si, sono forme che vedo da anni. Ma ho anche in mente gli studi sul volo di Leonardo, gli Icari del mio amico Roberto Crippa, le ali colorate delle farfalle e le foto storiche dei pionieri del volo. A proposito di questi pionieri, sono sempre stato affascinato dalla figura di Otto Lilienthal, così come lo vediamo nelle foto che ce lo mostrano, sicuro di sè e con quelle grandi ali. E’ un Icaro vero, è morto quarantenne durante uno dei suoi voli. Deve essere considerato il primo pilota del mondo. Ho usato spesso le foto a lui fatte e quelle ai primi voli dei fratelli Wright”.
“Usi più volentieri, nei tuoi lavori, questi soggetti storici o forme astratte?”
“A volte mi piace un tipo di immagine grafica molto essenziale e più aderente al monto meccanicistico o il simbolo puro, a volte ritorno alle forme astratte, alle forme-idea. Mi sembrano più misteriose e mi fanno giocare di più con il colore. D’altra parte, guardando bene, gli aerei sono come delle grandi sculture e le pagine dei manuali di volo, le descrizioni tecniche dei particolari e i grafici delle prestazioni di un aereo hanno una propria bellezza estetica”.
“Che cosa è per te l’arte?”
“L’arte è un gioco e, come giustamente afferma Aldo Chiaruttini, sono io il primo a godere di quello che faccio. Ma è anche un viaggio all’interno di me stesso ed è il “wu-yung”, l’utilità del nulla, l’universo che spesso non si riesce a raccontare.






























ICARI
Questi Icari sono figure sospese tra mito e ragione, tra il sogno del volo e la necessità di equilibrio. Il loro corpo deriva dal “manichino” dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, simbolo dell’uomo illuminista che misura se stesso, la natura e lo spazio secondo proporzioni universali. Non è un corpo abbandonato al caos, ma un corpo che si conosce, che si dà regole, che resta padrone di sé anche quando immagina di superare i propri limiti.
Le ali, tratte da incisioni di Dürer, aggiungono una dimensione visionaria e poetica: il sogno di volare si veste di memoria rinascimentale, di quella tensione verso l’infinito che unisce conoscenza e bellezza. Ma accanto al mito e alla memoria, vi è sempre la costruzione: geometrie, labirinti, meccanismi. Sono strutture che parlano di stabilità, di ordine, di un equilibrio cercato anche nella precarietà del volo.






















Questi Icari non sono soltanto eroi tragici destinati alla caduta: sono archetipi di un’umanità che desidera elevarsi senza dimenticare la propria misura. Le loro ali meccaniche, i corpi proporzionati, i labirinti geometrici che li sostengono raccontano la doppia tensione che attraversa ogni epoca: da un lato la spinta verso l’oltre, dall’altro la necessità di radicarsi in un ordine che garantisca stabilità e armonia.
In questo dialogo tra sogno e costruzione, mito e geometria, si svela la forza degli Icari: essi rappresentano l’uomo che osa, ma non perde mai coscienza di sé; l’uomo che cerca l’infinito, ma sa che solo nella misura e nell’equilibrio può trovare la sua vera libertà.
Proiezione dei video di Giovanni Carpentieri
“Roberto Crippa, un maestro un amico” e “Icaro non muore” in occasione della presentazione del concorso “arte e volo” alla Accademia di Belle Arti di Roma. 2023.
“Icaro non muore” è una installazione multimediale dedicata a Roberto Crippa nel cinquantesimo della sua morte per un incidente di volo sull’aeroporto di Bresso (MI).










